L’attenzione riservata ai c.dd. smart contracts sembra ormai aver quasi raggiunto, se non superato, quella che in un recente passato era stata riservata alla blockchain ed alle criptovalute. Le ragioni sono a tutti note. Prima tra tutte il fascino che suscita l’idea di un congegno contrattuale che potrebbe garantire alle parti una (quasi) inesorabile auto esecuzione. Ancora, si è detto, è foriera di facili entusiasmi la possibilità che lo smart contract concederebbe, di svincolarsi e quindi di rendere obsolete l’attività interpretativa, integrativa, di gestione delle sopravvenienze, e di scioglimento del rapporto. Con il presente lavoro, premessi brevi cenni sulla natura giuridica del software che consente di auto eseguire assai semplici istruzioni predisposte in linguaggio informatico, si cercherà di approfondire quelli che sono stati spesso indicati, a seconda dei punti di vista, pregi e difetti dell’automazione contrattuale e dell’utilizzo del linguaggio binario. Lo scopo è quello di comprendere se si tratti di veri problemi, per i quali l’interprete deve farsi carico di cercare una soluzione, oppure se non si tratti invece, come si cercherà di argomentare, di falsi problemi, per la cui soluzione (rectius comprensione) può essere sufficiente rileggere le pagine della dottrina civilistica più e meno recente. La conclusione che si raggiunge è che il (vero) problema, pare ancora essere quello che viene determinato dall’intervento umano, e nello specifico dell’intervento legislativo in tema di smart contracts. Intervento che, seppur intrapreso con le più buone intenzioni, lascia adito, come si tenterà di dimostrare, a più dubbi che certezze.
Questioni (ir)risolte in tema di smart contract. Per un ritorno al passato / Giaccaglia, Michele. - In: TECNOLOGIE E DIRITTO. - ISSN 2724-1955. - STAMPA. - 3:2(2022), pp. 333-366.
Questioni (ir)risolte in tema di smart contract. Per un ritorno al passato
Giaccaglia, Michele
2022-01-01
Abstract
L’attenzione riservata ai c.dd. smart contracts sembra ormai aver quasi raggiunto, se non superato, quella che in un recente passato era stata riservata alla blockchain ed alle criptovalute. Le ragioni sono a tutti note. Prima tra tutte il fascino che suscita l’idea di un congegno contrattuale che potrebbe garantire alle parti una (quasi) inesorabile auto esecuzione. Ancora, si è detto, è foriera di facili entusiasmi la possibilità che lo smart contract concederebbe, di svincolarsi e quindi di rendere obsolete l’attività interpretativa, integrativa, di gestione delle sopravvenienze, e di scioglimento del rapporto. Con il presente lavoro, premessi brevi cenni sulla natura giuridica del software che consente di auto eseguire assai semplici istruzioni predisposte in linguaggio informatico, si cercherà di approfondire quelli che sono stati spesso indicati, a seconda dei punti di vista, pregi e difetti dell’automazione contrattuale e dell’utilizzo del linguaggio binario. Lo scopo è quello di comprendere se si tratti di veri problemi, per i quali l’interprete deve farsi carico di cercare una soluzione, oppure se non si tratti invece, come si cercherà di argomentare, di falsi problemi, per la cui soluzione (rectius comprensione) può essere sufficiente rileggere le pagine della dottrina civilistica più e meno recente. La conclusione che si raggiunge è che il (vero) problema, pare ancora essere quello che viene determinato dall’intervento umano, e nello specifico dell’intervento legislativo in tema di smart contracts. Intervento che, seppur intrapreso con le più buone intenzioni, lascia adito, come si tenterà di dimostrare, a più dubbi che certezze.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.