Taranto è una città che si è identificata nell’ultimo secolo quasi interamente con lo sviluppo industriale del Paese e che ora, di fronte ad una crisi che sembra irreversibile, ha perso la propria identità. Una città incapace, negli ultimi vent’anni di esprimere un progetto di futuro che offrisse un’alternativa rispetto ai rimpianti verso un territorio e una città dal passato magno greco o ottocentesco che è stato nascosto, seppellito, abbandonato o verso le lamentele nei confronti di politiche nazionali disattente verso le necessità del territorio, incapaci di considerare i bisogni degli abitanti. Un contesto caratterizzato da quelli che Rittel e Webber (1973: 160) avrebbero definito wicked problems, problemi maligni, cioè intrinsecamente resistenti a una soluzione chiara e concordata. Attraverso la redazione del Documento programmatico preliminare (Dpp) al nuovo Piano urbanistico generale (Pug) e la contestuale elaborazione del Piano urbano per la mobilità sostenibile (Pums) all’interno di un ampio percorso di ricostruzione di comunità e di fiducia tra amministrazione, cittadini e agenti intermedi, la città cerca di riappropriarsi del diritto a scegliere il proprio futuro. Diversamente dalla storia urbanistica di questi territori, questi due documenti non vengono soltanto elaborati e condivisi ma vengono approvati entro giugno 2019, ossia in meno di due anni. I due documenti pongono le basi di un processo più ampio che l’amministrazione comunale chiama Ecosistema Taranto, interpretandola come una strategia di transizione ecologica, economica e sociale dalla monocultura dell’acciaio ad una pluralità di economie capaci di offrire un’alternativa al modello di sviluppo entrato ormai in una crisi irreversibile anche nei rapporti tra industria e territorio, che non intende più sacrificare la salute dei suoi abitanti alla serenità lavorativa, che ormai l’industria dell’acciaio non è in ogni caso più capace di assicurare. Un percorso complesso dal risultato sconosciuto e sempre in bilico, che occorrerà sostenere e alimentare per non vederlo estinguersi nell’indifferenza che spesso contraddistingue i processi amministrativi di cui è difficile comprendere la portata fino alla loro attuazione in un territorio che ha sviluppato una grande diffidenza verso il cambiamento, in particolare quello indirizzato dall’esterno.

Ecosistema Taranto: strategia di transizione ecologica ed economica / Rotondo, F.. - In: URBANISTICA. - ISSN 0042-1022. - STAMPA. - 164(2022), pp. 16-31.

Ecosistema Taranto: strategia di transizione ecologica ed economica

Rotondo F.
2022-01-01

Abstract

Taranto è una città che si è identificata nell’ultimo secolo quasi interamente con lo sviluppo industriale del Paese e che ora, di fronte ad una crisi che sembra irreversibile, ha perso la propria identità. Una città incapace, negli ultimi vent’anni di esprimere un progetto di futuro che offrisse un’alternativa rispetto ai rimpianti verso un territorio e una città dal passato magno greco o ottocentesco che è stato nascosto, seppellito, abbandonato o verso le lamentele nei confronti di politiche nazionali disattente verso le necessità del territorio, incapaci di considerare i bisogni degli abitanti. Un contesto caratterizzato da quelli che Rittel e Webber (1973: 160) avrebbero definito wicked problems, problemi maligni, cioè intrinsecamente resistenti a una soluzione chiara e concordata. Attraverso la redazione del Documento programmatico preliminare (Dpp) al nuovo Piano urbanistico generale (Pug) e la contestuale elaborazione del Piano urbano per la mobilità sostenibile (Pums) all’interno di un ampio percorso di ricostruzione di comunità e di fiducia tra amministrazione, cittadini e agenti intermedi, la città cerca di riappropriarsi del diritto a scegliere il proprio futuro. Diversamente dalla storia urbanistica di questi territori, questi due documenti non vengono soltanto elaborati e condivisi ma vengono approvati entro giugno 2019, ossia in meno di due anni. I due documenti pongono le basi di un processo più ampio che l’amministrazione comunale chiama Ecosistema Taranto, interpretandola come una strategia di transizione ecologica, economica e sociale dalla monocultura dell’acciaio ad una pluralità di economie capaci di offrire un’alternativa al modello di sviluppo entrato ormai in una crisi irreversibile anche nei rapporti tra industria e territorio, che non intende più sacrificare la salute dei suoi abitanti alla serenità lavorativa, che ormai l’industria dell’acciaio non è in ogni caso più capace di assicurare. Un percorso complesso dal risultato sconosciuto e sempre in bilico, che occorrerà sostenere e alimentare per non vederlo estinguersi nell’indifferenza che spesso contraddistingue i processi amministrativi di cui è difficile comprendere la portata fino alla loro attuazione in un territorio che ha sviluppato una grande diffidenza verso il cambiamento, in particolare quello indirizzato dall’esterno.
2022
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