L’evoluzione del paesaggio italiano dall’ultimo dopo guerra ad oggi costituisce una situazione che non ha eguali negli ultimi 500 anni. Siamo i primi ad osservare ampie superfici boscate lasciate alla loro evoluzione naturale. Le modificazioni che intervengono in questo processo sono per noi non sempre facilmente prevedibili ed hanno sicuramente conseguenze assai diverse se si tratta di aree boscate pedemontane, inserite in un complesso più o meno ampio di sistemi forestali contigui, oppure di piccoli nuclei boscati isolati all’interno di un paesaggio dominato dalle attività agricole e più o meno profondamente urbanizzato. Mentre nelle aree pedemontane si assiste ad un importante e diffuso recupero di maturità legato al fenomeno dell’abbandono, non sempre accompagnato da un aumento di naturalità e di biodiversità, nel paesaggio rurale delle colline e delle pianure si registra un progressivo impoverimento sia qualitativo che quantitativo soprattutto a carico delle aree seminaturali non produttive a causa delle attività agricole e dell’urbanizzazione. In questo contesto, i pochi lembi di boschi residui si trovano in una posizione particolarmente delicata: il loro riconosciuto valore ambientale non li ha sottratti alla pressione agronomica, mentre allo sfruttamento economico è subentrato l’abbandono (spesso per disinteresse, oltre che come non ponderata scelta per la conservazione), tuttavia mancano, oltre che adeguate risorse economiche, sufficienti esperienze sulle modalità di studio, di gestione e di manutenzione, che ne garantiscano la conservazione, non solo della struttura ma anche della biodiversità fitocenotica, floristica e faunistica.
Boschi residui in Italia tra paesaggio rurale e conservazione / Taffetani, Fabio. - STAMPA. - 1:(2009), pp. 283-294. (Intervento presentato al convegno 3° Congresso Nazionale di Selvicoltura tenutosi a Taormina nel 16-19 ottobre 2008).
Boschi residui in Italia tra paesaggio rurale e conservazione
TAFFETANI, FABIO
2009-01-01
Abstract
L’evoluzione del paesaggio italiano dall’ultimo dopo guerra ad oggi costituisce una situazione che non ha eguali negli ultimi 500 anni. Siamo i primi ad osservare ampie superfici boscate lasciate alla loro evoluzione naturale. Le modificazioni che intervengono in questo processo sono per noi non sempre facilmente prevedibili ed hanno sicuramente conseguenze assai diverse se si tratta di aree boscate pedemontane, inserite in un complesso più o meno ampio di sistemi forestali contigui, oppure di piccoli nuclei boscati isolati all’interno di un paesaggio dominato dalle attività agricole e più o meno profondamente urbanizzato. Mentre nelle aree pedemontane si assiste ad un importante e diffuso recupero di maturità legato al fenomeno dell’abbandono, non sempre accompagnato da un aumento di naturalità e di biodiversità, nel paesaggio rurale delle colline e delle pianure si registra un progressivo impoverimento sia qualitativo che quantitativo soprattutto a carico delle aree seminaturali non produttive a causa delle attività agricole e dell’urbanizzazione. In questo contesto, i pochi lembi di boschi residui si trovano in una posizione particolarmente delicata: il loro riconosciuto valore ambientale non li ha sottratti alla pressione agronomica, mentre allo sfruttamento economico è subentrato l’abbandono (spesso per disinteresse, oltre che come non ponderata scelta per la conservazione), tuttavia mancano, oltre che adeguate risorse economiche, sufficienti esperienze sulle modalità di studio, di gestione e di manutenzione, che ne garantiscano la conservazione, non solo della struttura ma anche della biodiversità fitocenotica, floristica e faunistica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.