La città premoderna, fino alla rivoluzione industriale, era per antonomasia “di prossimità” per i suoi abitanti. I mezzi di trasporto più veloci erano i cavalli e le distanze entro cui ci si muoveva erano quelle percorribili a piedi o per l’appunto a cavallo . La prossimità tra popolazione e attività era uno degli elementi di maggiore attrattività della vita urbana, consentendo una vita maggiormente agiata rispetto agli abitanti delle campagne . L’industrializzazione iniziata in Inghilterra alla fine del Settecento ha stravolto questa logica di prossimità, consolidando dall’Ottocento ad oggi, una città basata sull’automobile e sulla sua rivoluzionaria possibilità di mobilità autonoma consentita ad ogni cittadino motorizzato. Le distanze tra luoghi di lavoro e di residenza sono cresciute in modo impensabile fino illudendo i cittadini di essere indipendenti dalle distanze fisiche. L’iperspecializzazione dei contesti territoriali con i quartieri residenziali “dormitorio” collocati spesso in parti della città diverse e lontane dalle aree dedicate alla produzione industriale e artigianale o dai grandi centri commerciali secondo il modello dei “Mall” statunitensi , in cui l’automobile diviene l’elemento di relazione e collegamento con le conseguenze che tutti conosciamo sull’inquinamento atmosferico, la congestione e l’alienazione degli abitanti che spesso passano più tempo durante gli spostamenti piuttosto che nello svolgimento delle attività per le quali si muovono. Le grandi città del mondo , ovunque sul pianeta, concentrano in luoghi nel complesso esigui (se confrontati con l’estensione delle terre emerse) molteplici attività umana, ma sono ancora guidate dal paradigma dell'era del petrolio e dal suo impatto sulle strade e sulla pianificazione urbanistica generale. L'era delle auto onnipresenti, associate a uno stile di vita basato sulla proprietà di un veicolo come elemento di status sociale, è ancora presente, ma fortunatamente inizia a vacillare. In un momento in cui gli effetti dell'impatto climatico nelle vita delle città e dei loro abitanti sono molto visibili, c'è fortunatamente una crescente consapevolezza delle conseguenze sull’ambiente e sulla salute di questo modello di città a causa dell’effetto congiunto di emissioni prodotte dai sistemi di riscaldamento e raffrescamento degli edifici, del trasporto con carburanti derivanti da idrocarburi (non solo auto ma anche i flussi sempre più fitti e consistenti di navi e aerei altrettanto inquinanti), dalle produzioni industriali. Occorre cercare di comprendere come conciliare lo sviluppo irreversibile e globalizzato delle città contemporanee con le esigenze irrinunciabili di una reale qualità della vita. La transizione energetica, con il cambio di paradigma verso fonti carbon free e rinnovabili, è certamente una priorità, ma da sola non sarà sufficiente se non sarà accompagnata da un'ambiziosa politica urbana incentrata su una radicale trasformazione dei nostri stili di vita. In un momento in cui i trasporti sono diventati l’attività umana a più elevata emissione di CO2, è necessario conciliare i requisiti energetici della città sostenibile con nuovi e più soddisfacenti ritmi di vita urbano. Il tema non è nuovo nella letteratura urbanistica e, almeno dalla seconda metà degli anni Ottanta in avanti è stato al centro di molteplici ricerche e studi , in genere concentrai prevalentemente ad evitare la sovrapposizione tra le molteplici attività che si svolgono nelle città spesso in orari molto simili provocando più facilmente congestione e inquinamento. In Italia, si è giunti nel 2000, con la L. 53 art.24 co.1, a prevedere la necessità di dotarsi di un Piano territoriali degli orari, strumento diffuso ormai in molti comuni italiani. L’attenzione ai risvolti sulla qualità della vita sono certamente aumentati sia per una maggiore consapevolezza ambientale del mondo scientifico (in realtà già consapevole da alcuni decenni) della politica mondiale, europea, nazionale ma anche regionale e locale, dei cittadini comuni. Questa rinnovata attenzione ha toccato il suo apice durante la pandemia quando il Sindaco di Parigi, Anne Hidalgo ha dichiarato di voler attuare la proposta di città dei 15 minuti elaborata dal prof. Carlos Moreno .

Abitare la prossimità: la città dei 15 minuti / Rotondo, F.. - (2021).

Abitare la prossimità: la città dei 15 minuti

Rotondo F.
2021-01-01

Abstract

La città premoderna, fino alla rivoluzione industriale, era per antonomasia “di prossimità” per i suoi abitanti. I mezzi di trasporto più veloci erano i cavalli e le distanze entro cui ci si muoveva erano quelle percorribili a piedi o per l’appunto a cavallo . La prossimità tra popolazione e attività era uno degli elementi di maggiore attrattività della vita urbana, consentendo una vita maggiormente agiata rispetto agli abitanti delle campagne . L’industrializzazione iniziata in Inghilterra alla fine del Settecento ha stravolto questa logica di prossimità, consolidando dall’Ottocento ad oggi, una città basata sull’automobile e sulla sua rivoluzionaria possibilità di mobilità autonoma consentita ad ogni cittadino motorizzato. Le distanze tra luoghi di lavoro e di residenza sono cresciute in modo impensabile fino illudendo i cittadini di essere indipendenti dalle distanze fisiche. L’iperspecializzazione dei contesti territoriali con i quartieri residenziali “dormitorio” collocati spesso in parti della città diverse e lontane dalle aree dedicate alla produzione industriale e artigianale o dai grandi centri commerciali secondo il modello dei “Mall” statunitensi , in cui l’automobile diviene l’elemento di relazione e collegamento con le conseguenze che tutti conosciamo sull’inquinamento atmosferico, la congestione e l’alienazione degli abitanti che spesso passano più tempo durante gli spostamenti piuttosto che nello svolgimento delle attività per le quali si muovono. Le grandi città del mondo , ovunque sul pianeta, concentrano in luoghi nel complesso esigui (se confrontati con l’estensione delle terre emerse) molteplici attività umana, ma sono ancora guidate dal paradigma dell'era del petrolio e dal suo impatto sulle strade e sulla pianificazione urbanistica generale. L'era delle auto onnipresenti, associate a uno stile di vita basato sulla proprietà di un veicolo come elemento di status sociale, è ancora presente, ma fortunatamente inizia a vacillare. In un momento in cui gli effetti dell'impatto climatico nelle vita delle città e dei loro abitanti sono molto visibili, c'è fortunatamente una crescente consapevolezza delle conseguenze sull’ambiente e sulla salute di questo modello di città a causa dell’effetto congiunto di emissioni prodotte dai sistemi di riscaldamento e raffrescamento degli edifici, del trasporto con carburanti derivanti da idrocarburi (non solo auto ma anche i flussi sempre più fitti e consistenti di navi e aerei altrettanto inquinanti), dalle produzioni industriali. Occorre cercare di comprendere come conciliare lo sviluppo irreversibile e globalizzato delle città contemporanee con le esigenze irrinunciabili di una reale qualità della vita. La transizione energetica, con il cambio di paradigma verso fonti carbon free e rinnovabili, è certamente una priorità, ma da sola non sarà sufficiente se non sarà accompagnata da un'ambiziosa politica urbana incentrata su una radicale trasformazione dei nostri stili di vita. In un momento in cui i trasporti sono diventati l’attività umana a più elevata emissione di CO2, è necessario conciliare i requisiti energetici della città sostenibile con nuovi e più soddisfacenti ritmi di vita urbano. Il tema non è nuovo nella letteratura urbanistica e, almeno dalla seconda metà degli anni Ottanta in avanti è stato al centro di molteplici ricerche e studi , in genere concentrai prevalentemente ad evitare la sovrapposizione tra le molteplici attività che si svolgono nelle città spesso in orari molto simili provocando più facilmente congestione e inquinamento. In Italia, si è giunti nel 2000, con la L. 53 art.24 co.1, a prevedere la necessità di dotarsi di un Piano territoriali degli orari, strumento diffuso ormai in molti comuni italiani. L’attenzione ai risvolti sulla qualità della vita sono certamente aumentati sia per una maggiore consapevolezza ambientale del mondo scientifico (in realtà già consapevole da alcuni decenni) della politica mondiale, europea, nazionale ma anche regionale e locale, dei cittadini comuni. Questa rinnovata attenzione ha toccato il suo apice durante la pandemia quando il Sindaco di Parigi, Anne Hidalgo ha dichiarato di voler attuare la proposta di città dei 15 minuti elaborata dal prof. Carlos Moreno .
2021
Trattato di Medicina dell'ambiente
978-88-6515-19-14
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11566/294355
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