L’attuale quadro di cambiamenti ambientali ed in modo particolare le drammatiche mutazioni dei cicli climatici del pianeta sono evidente manifestazione di un insostenibile rapporto uomo–ambiente. I disastri ambientali e la distruzione degli ecosistemi sono costosissime conseguenze dell’errata gestione del territorio. Da qui la necessità di trovare risposte e modelli di sviluppo più equilibrati ed adattati alle condizioni naturali dei vari contesti territoriali. L’approccio ecologico alla riduzione dei disastri cerca l’equilibrio nella dinamicità dei socio–ecosistemi e vede l’origine dei cambiamenti (disturbanze o disastri) non tanto nell’evento naturale estremo per sé (pericolo), quanto nell’esposizione dei processi sociali ed economici (vulnerabilità e rischio) a tali eventi. Questa scuola di pensiero denominata di Human Ecology fu sviluppata verso la fine degli anni 1930 da Gilbert F. White, geografo statunitense, il quale, studiando le esondazioni, si rese conto che per ridurne l’impatto non fosse solo il fiume a dover essere controllato, ma anche la decisione umana di urbanizzare le piane alluvionali. Questo cambio di paradigma culminerà con la transizione da un approccio resistente ai pericoli naturali ad uno resiliente, dalla visione di una natura cattiva, da controllare, a quella di una natura che svolge e produce importanti servizi ecosistemici. Il disastro non è quindi un atto di Dio, ma il fallimento umano nel trovare il giusto equilibrio fra sviluppo economico e rispetto dei cicli naturali. Trovare modelli di sviluppo sostenibili nel rispetto della natura, significa sviluppare dialetticamente un’etica ambientale che definisca diritti e responsabilità dell’uomo nei confronti di sé stesso e del creato. Tale dialettica si sintetizza nella cosiddetta Political Ecology che, partendo dalle diverse strutture sociali e culturali che hanno generato il rischio, esplora i processi di adattamento al rischio stesso. Questa responsabilizzazione enfatizza la capacità delle persone di proteggere sé stesse e gli altri tramite un adattamento resiliente ai cicli naturali. Da questa prospettiva, l’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’offre la via per affrontare la crisi socio–ambientale attraverso un approccio che si può definire di ‘ecologia integrale’. Tale ispirazione oltrepassa la corrente visione frammentaria del rapporto Uomo–Ambiente ed evidenzia le profonde interconnessioni tra le diverse crisi cercando di risolverle in modo olistico e interdisciplinare.

La riduzione del rischio disastri: dal controllo della natura all'etica ambientale / Marincioni, Fausto; Casareale, Cristina. - STAMPA. - 25:(2018), pp. 285-295. [10.4399/978882551245816]

La riduzione del rischio disastri: dal controllo della natura all'etica ambientale.

Fausto Marincioni
;
Cristina Casareale
2018-01-01

Abstract

L’attuale quadro di cambiamenti ambientali ed in modo particolare le drammatiche mutazioni dei cicli climatici del pianeta sono evidente manifestazione di un insostenibile rapporto uomo–ambiente. I disastri ambientali e la distruzione degli ecosistemi sono costosissime conseguenze dell’errata gestione del territorio. Da qui la necessità di trovare risposte e modelli di sviluppo più equilibrati ed adattati alle condizioni naturali dei vari contesti territoriali. L’approccio ecologico alla riduzione dei disastri cerca l’equilibrio nella dinamicità dei socio–ecosistemi e vede l’origine dei cambiamenti (disturbanze o disastri) non tanto nell’evento naturale estremo per sé (pericolo), quanto nell’esposizione dei processi sociali ed economici (vulnerabilità e rischio) a tali eventi. Questa scuola di pensiero denominata di Human Ecology fu sviluppata verso la fine degli anni 1930 da Gilbert F. White, geografo statunitense, il quale, studiando le esondazioni, si rese conto che per ridurne l’impatto non fosse solo il fiume a dover essere controllato, ma anche la decisione umana di urbanizzare le piane alluvionali. Questo cambio di paradigma culminerà con la transizione da un approccio resistente ai pericoli naturali ad uno resiliente, dalla visione di una natura cattiva, da controllare, a quella di una natura che svolge e produce importanti servizi ecosistemici. Il disastro non è quindi un atto di Dio, ma il fallimento umano nel trovare il giusto equilibrio fra sviluppo economico e rispetto dei cicli naturali. Trovare modelli di sviluppo sostenibili nel rispetto della natura, significa sviluppare dialetticamente un’etica ambientale che definisca diritti e responsabilità dell’uomo nei confronti di sé stesso e del creato. Tale dialettica si sintetizza nella cosiddetta Political Ecology che, partendo dalle diverse strutture sociali e culturali che hanno generato il rischio, esplora i processi di adattamento al rischio stesso. Questa responsabilizzazione enfatizza la capacità delle persone di proteggere sé stesse e gli altri tramite un adattamento resiliente ai cicli naturali. Da questa prospettiva, l’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’offre la via per affrontare la crisi socio–ambientale attraverso un approccio che si può definire di ‘ecologia integrale’. Tale ispirazione oltrepassa la corrente visione frammentaria del rapporto Uomo–Ambiente ed evidenzia le profonde interconnessioni tra le diverse crisi cercando di risolverle in modo olistico e interdisciplinare.
2018
Capitale umano e valore aggiunto territoriale. Prospettive geografiche al confronto
978-88-255-1245-8
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11566/255925
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