Il contributo di Giuseppe Pagano al dibattito sull’architettura moderna nell’Italia tra le due guerre rivela l’ambiguità della scena culturale italiana, segnata dalla parabola del regime fascista. Nell’arco del ventennio il binomio ”modernità – tradizione” assume ruoli e significati contraddittori. Attraverso le pagine di “Casabella” - dai primi contributi di Pagano, Edoardo Persico e Alberto Sartoris nel 1929 fino alla chiusura forzata della rivista nel 1943 – è possibile ripercorrere i tentativi di definizione del contributo italiano alla modernità e seguire l’oscillazione di attese e delusioni. Dalla difesa delle forme moderne del Novocomum di Giuseppe Terragni che mostrano, secondo Pagano, la matrice mediterranea ”emigrata al Nord e tornata in forme esotiche”, alle ”Occasioni perdute” dei concorsi per l’Esposizione Universale di Roma nel 1941 quando si consuma la definitiva rottura con Marcello Piacentini: “Ad uno ad uno vedemmo precipitare nel fango della retorica o nella scolastica banalità di un vago internazionalismo stilistico i nostri sogni troppo arditi e fiduciosi” (Costruzioni-Casabella, febbraio 1941). Nel presentare l’Italia alle federazioni degli architetti di Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca nel gennaio 1939, Pagano aveva sottolineato “come sia stata difficile in Italia la strada dell’architettura moderna”, ma aveva anche affermato che “l’architettura italiana … ora esiste … essa è compresa da Mussolini come ’la regina delle arti’ ed è stata da lui difesa nel modo più esplicito in diverse occasioni e nelle sue più audaci forme moderne”.

Giuseppe Pagano and Casabella. In defence of modern Italian architecture / Alici, Antonello. - STAMPA. - (2018), pp. 35-57.

Giuseppe Pagano and Casabella. In defence of modern Italian architecture

Antonello Alici
Writing – Original Draft Preparation
2018-01-01

Abstract

Il contributo di Giuseppe Pagano al dibattito sull’architettura moderna nell’Italia tra le due guerre rivela l’ambiguità della scena culturale italiana, segnata dalla parabola del regime fascista. Nell’arco del ventennio il binomio ”modernità – tradizione” assume ruoli e significati contraddittori. Attraverso le pagine di “Casabella” - dai primi contributi di Pagano, Edoardo Persico e Alberto Sartoris nel 1929 fino alla chiusura forzata della rivista nel 1943 – è possibile ripercorrere i tentativi di definizione del contributo italiano alla modernità e seguire l’oscillazione di attese e delusioni. Dalla difesa delle forme moderne del Novocomum di Giuseppe Terragni che mostrano, secondo Pagano, la matrice mediterranea ”emigrata al Nord e tornata in forme esotiche”, alle ”Occasioni perdute” dei concorsi per l’Esposizione Universale di Roma nel 1941 quando si consuma la definitiva rottura con Marcello Piacentini: “Ad uno ad uno vedemmo precipitare nel fango della retorica o nella scolastica banalità di un vago internazionalismo stilistico i nostri sogni troppo arditi e fiduciosi” (Costruzioni-Casabella, febbraio 1941). Nel presentare l’Italia alle federazioni degli architetti di Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca nel gennaio 1939, Pagano aveva sottolineato “come sia stata difficile in Italia la strada dell’architettura moderna”, ma aveva anche affermato che “l’architettura italiana … ora esiste … essa è compresa da Mussolini come ’la regina delle arti’ ed è stata da lui difesa nel modo più esplicito in diverse occasioni e nelle sue più audaci forme moderne”.
2018
Architecture as propaganda in twentieth-century totalitarian regimes. History and heritage
978-88-596-1835-5
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